Leoni, serpenti, carpe, dragoni, fiori di ciliegio, onde: questi sono solo alcuni dei disegni tipici dei tattoo giapponesi. Se avete intenzione di farvi tatuare un soggetto derivante da questa affascinante cultura orientale, in questa guida troverete alcune notizie sulla sua storia e il significato di alcuni tra i più popolari tatuaggi in stile giapponese.
TATUAGGI GIAPPONESI: STORIA E STILE
La cultura giapponese è famosa per la sua continua ricerca della perfezione e della bellezza, e queste caratteristiche si riflettono anche nei suoi tatuaggi. Nei tattoo nipponici, infatti, ogni dettaglio e ogni sfumatura sono curati nei minimi particolari, e la scelta e la posizione dei soggetti, ed anche alcuni abbinamenti di figure sono studiati per conferire al tatuaggio un profondo significato.
Gli abbinamenti, i cosiddetti Kara-jishi, sono di provenienza classica e creano davvero delle meravigliose opere d’arte; il leone ad esempio è preferibilmente raffigurato insieme alla peonia, il dragone accanto al crisantemo e così via. Lo scopo dei tatuaggi giapponesi è sia decorativo che spirituale, e sono questi complessi intrecci di simboli a conferire al tattoo il suo grande valore artistico e sociale.
I tatuaggi giapponesi sono chiamati Irezumi, da “ireru” che significa inserire e “sumi” inchiostro, oppure Horimono, da “horu” inscrivere e “mono” qualcosa. A seconda di quale dei due termini si utilizza per definire un tattoo si ha un’accezione diversa che varia in base al significato e alla classe sociale, i primi avevano connotazione negativa (tattoo punitivi), i secondi nascono come decorazione del corpo.
La pratica del tatuaggio in Giappone ha origini molto antiche, sono state rinvenute rappresentazioni del 5000 a.C. che raffiguravano uomini col volto tatuato con righe e marchi, probabilmente utilizzati per identificare il rango sociale.
Nel VII secolo le grandi influenze cinesi importarono in Giappone l’accezione “malfamata” del tattoo, il quale divenne per lungo periodo un marchio distintivo di condannati e criminali. In seguito diventò anche simbolo dell’amore segreto e passionale, e gli amanti di tatuavano un puntino nero sulle mani che diventava un punto di unione intimo nella famosa “stretta di mano”. Anche l’abitudine di tatuarsi in una zona del corpo il nome dell’amato era già comune nell’antico Giappone, ed era conosciuta col nome di Kishibori.
L’uso degli Irezumi scomparve per molto tempo per riapparire nel periodo Edo (1603-1868), detto anche periodo Takugawa, quando venne pubblicata un’opera cinese che raccontava la vita e le avventure di un gruppo di eroi-briganti (Suikoden), dal corpo tatuato; le illustrazioni dell’opera furono di ispirazione per plasmare quelle stupende opere d’arte impresse sul corpo. La caratteristica principale dell’Irezumi era quella di ricoprire una larga parte del corpo: schiena, glutei e metà delle cosce. In quest’epoca i soggetti dei tatuaggi hanno iniziato a prendere spunto dai disegni dei kimoni, da abiti tradizionali da cerimonia e da quelli dei samurai.
I tatuaggi Horimono, come li conosciamo oggi, si sono sviluppati a partire dalla fine dell’800, e hanno vissuto periodi di popolarità alternati a momenti di illegalità. I tattoo facevano parte delle abitudini diquella fascia della popolazione detta del “mondo fluttuante”, che comprendeva tutti i livelli di popolazione più bassi, come prostitute, giocatori d’azzardo e mafiosi, ma anche commercianti, pompieri e in generale chi svolgeva attività di fatica e non di intelletto; non erano infatti diffusi nell’alta società.
La pratica del tattoo in Giappone è diventata legale solo dopo la fine della II Guerra Mondiale e per molto tempo è stata comunque considerata immorale (un po’ come in tutto il mondo); tutt’ora le vecchie generazioni non vedono di buon occhio chi mostra in pubblico i propri tatuaggi, perché ancora relazionati col mondo dei mafiosi.
La tecnica tradizionale dei tattoo giapponesi è chiamata “Tebori”, e consiste nell’uso, rigorosamente a mano, di una serie di aghi infilati in una canna di bambù ed intinti nell’inchiostro. Da sempre i tatuatori in Giappone sono considerati veri e propri artisti, e tradizionalmente si sottoponevano ad un apprendistato lungo e rigoroso presso un maestro tatuatore.
Lo stile deriva dall’arte figurativa e implica da sempre un massiccio uso di colori vivaci, sfumature e intrecci di soggetti. Il tattoo giapponese racconta una storia attraverso l’uso delle immagini e le sue combinazioni, ai fini di delineare il carattere di chi lo porta.
SIGNIFICATO DEI SIMBOLI DEI TATUAGGI GIAPPONESI
Oggi i tattoo giapponesi sono forse meno popolari dei tattoo provenienti da altre scuole e culture, ma continuano a trasmettere tutto il loro fascino. Vediamo di comprendere il significato di alcuni tra i più comuni simboli dei tatuaggi giapponesi.
IL DRAGONE
Al contrario della cultura occidentale che lo vede come un animale malefico, per i giapponesi il dragone è portatore di pace e saggezza. È simbolo dell’acqua e ha la capacità di realizzare i desideri.
LA CARPA (KOI)
È simbolo di coraggio e perseveranza. Una leggenda narra di una carpa che riuscendo a risalire i fiumi fino alle porte del cielo fu trasformata in drago, per questo i draghi sono raffigurati con squame da pesce. La carpa è inoltre di buon auspicio per la nascite e porta fortuna per il nascituro.
I FIORI DI CILIEGIO
Simboleggiano l’effimero e la trascendenza della vita, per secoli furono impressi sulla pelle dei samurai e degli appartenenti alla yakuza, ad indicare la precarietà delle loro vite.
IL LEONE (SHISHI)
Raffigurato in maniera stilizzata, proviene dalla religione shintoista e rappresenta la protezione dagli spiriti malvagi (gli Oni), è portatore di salute e prosperità.
IL FIORE DI LOTO
È fiore sacro per l’Induismo e il Buddhismo ed è connesso alla purezza, alla longevità e alla rinascita fisica e spirituale; è spesso raffigurato insieme alla carpa.
IL SERPENTE (HEBI)
Per la cultura occidentale ebraica e cristiana è da sempre simbolo di Satana, mentre in Giappone è la rappresentazione della forza e dell’acutezza.